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  1. “9.000 giri … 10.000 … 11.000 …”
  2. “Spegni! Spegni! Esce fumo dalla carena”
  3. “Diamine! Ok, rientro”

Un’altra moto bruciata durante il test, stavolta c’eravamo quasi. Il mio pilota però non era d’accordo.

  1. “Un’altra giornata trascorsa a rischiare l’osso del collo, senza raggiungere il minimo risultato. Un altro pistone crepato e la mia prova di velocità si terrà tra 20 giorni. E il mio ingegnere continua a presentarmi motociclette più simili a trappole che a future detentrici di un record di velocità.”

Sono difficili i piloti, un attimo prima si esaltano quando noi ingegnere preferiamo un approccio analitico e un istante dopo si infuriano e disperano mentre noi ingegneri stiamo ancora analizzando i dati.”

  1. “Ascolta, stavolta il punto di rottura è stato ritardato ben oltre la soglia dei 9.000 giri. Siamo vicini a risolvere i problemi del piston…”
  2. “Non me ne frega niente di quanto tu sia vicino alla risoluzione dei tuoi problemi o a trovare la pace nel mondo! A me serve una moto in grado di portarmi a vincere il titolo del mondo di velocità. Se deve volare, be’ falla volare! Ma fallo in fretta!”
  3. “Mi servono ancora dati e tempo…”
  4. “Non ne abbiamo! Abbiamo una manciata di giorni prima che il nostro sponsor ci abbandoni … e sarà esclusivamente una tua responsabilità”

Tempo e dati non chiedo altro e che quel dannato pistone resista in quella maledetta camera di scoppio.

Il rottame della moto è tornato ai box, legato sul cassone dei marshal sembra il trofeo di una lugubre battuta di caccia.

  1. “Tiriamo giù il rottame in fretta, mi attende una lunga notte”

C’è una cosa che accomuna noi ingegneri di pista, il meglio di noi lo offriamo lontano dai riflettori. Quando gli spumanti smettono di bagnare piloti e ragazze, quando le mani smettono di applaudire le gesta atletiche, quando fotografi e giornalisti volgono i loro obiettivi e microfoni altrove, allora inizia il nostro lavoro.

Non mi lamento però, questo è stato il lavoro che ho sempre voluto fare da quando ancora in pantaloni corti e ginocchia sbucciate riparavo la catena della bicicletta di mio padre prima che lui si accorgesse del mio ultimo incidente.

Già, a pensarci bene c’è sempre stato una figura a cui riportare i successi (e soprattutto) le sfortune dei miei test.

Ora torniamo a te amica mia speciale, dobbiamo arrivare ad almeno 13.500 giri/minuto per sperare di raggiungere la velocità record che il nostro sponsor si aspetta da noi e noi possiamo fallire.

Questo maledetto monoblocco proprio non vuole supportarti, vedo: il pistone si spezza, la biella cede e il tuo cuore non regge. È il sesto motore che grippa a causa dei regimi di rotazione esasperati e ancora non siamo arrivati ai giri motore che vogliamo.

Hai il cuore debole, eppure è un cuore di metallo. Duro metallo, inossidabile e indistruttibile metallo. Non così indistruttibile però, a meno che …

Ma sì, qualche giorno fa, mentre prendevo un caffè con un amico ho letto sul The Time News di un nuovo processo di fusione del metallo. Per l’esattezza era un acciaio che veniva lavorato non più per forgiatura ma da colatura per ricavarne prodotti dal pieno, pezzi grezzi di forgia ulteriormente lavorati. Questo permette all’acciaio di presentarsi come la lega più resistente sul palcoscenico motociclistico internazionale.

Possiamo ancora vincere quel maledetto record!

Se solo trovassi il giornale… ma sì, era da queste parte, dove l’ho messo? Eccolo! Ed ecco la fabbrica, sono in Nevada se mi muovo posso ricevere in 20 giorni il pezzo, mando subito le specifiche tecniche. Non mi rimarrà che 1 settimana per montare, calibrare e testare il pezzo, ma questo è un’altra storia.

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Scritto da Marco Fabbretti

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